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Strumenti e metafore per la relazione d’aiuto

Strumenti e metafore per la relazione d’aiuto

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La novità del 6° convegno dell’Associazione Nazionale Counselor Relazionali (A.N.Co.Re., presidente Immacolata Bruzzese), conclusosi da da poco più di un mese a Roma, ha riguardato principalmente le modalità di svolgimento e le tematiche dei workshop che hanno rappresentato una metafora importante per capire alcuni aspetti della professione del counseling.

Le sessioni esperienziali, in questa edizione, sono state condotte senza sosta, per permettere a tutti i convenuti di partecipare e sono state guidate in maniera sapiente grazie all’intervento di professionisti del settore. Stefano Cera, Presidente AIF Lazio, ci ha mostrato quanto l’utilizzo del cinema nella formazione, sia uno strumento potente di comunicazione, evocativo e immediato al tempo stesso. La scena cinematografica porta con sé un messaggio che, unendo il linguaggio verbale e il non verbale, la scenografia, la musica e la storia, arriva immediatamente allo spettatore e resta nel tempo. È la parola che va in memoria carica del suo significato.

Sara Vian, archivista strutturale di workflow e cantante, spostando il focus alla dimensione corale e alla voce, ha mostrato come sperimentare la propria voce e il proprio posto nel coro può essere un momento importante di riflessione connesso con la professione del counseling.

Con l’attore teatrale Eduardo Ricciardelli, il piano di sperimentazione corporeo è passato ai gesti e al movimento, favorendo anche qui una riflessione che, centrata sulla relazione d’aiuto, permette di comprendere meglio alcuni aspetti della professione.

Legati profondamente da una linea sottile di significato, in tutte e tre i setting è stato possibile toccare con mano come la creatività e le forme espressive artistiche, tema del convegno di quest’anno, divengono metafore importanti per le professioni d’aiuto e offrono una consapevolezza nuova sul ruolo del counselor e sul processo di crescita personale che il counselor va a favorire nel cliente.

Cosa significa trovare il proprio posto all’interno di un coro?

Sintonizzarsi sulla propria estensione, dargli spazio e voce, riconoscere i propri limiti e i propri talenti, esperire l’alternanza del vuoto e del pieno, del suono e del silenzio sono esperienze che incarnano una duplice potente allegoria.

In quanto counselor o professionista della relazione d’aiuto quale competenze voglio offrire al coro della società? In che modo voglio realizzare la mia professione, quali talenti posso mettere al servizio degli altri?

Tutt’altra riflessione emerge invece se spostiamo il focus sul cliente. Come posso aiutarlo a trovare le proprie risorse interne, a vedersi riconoscere il suo ruolo nel suo stare al mondo, ad aiutarlo a manifestare i suoi punti di eccellenza e concedersi la possibilità di dargli spazio e voce?

Se poi ascoltiamo ciò che accade utilizzando le arti visive e il cinema emergono altre riflessioni. Qui abbiamo uno strumento di formazione molto utile per l’apprendimento in quanto si fa veicolo di messaggi e significati sul ruolo agito da altri.

È un’osservazione riflessiva che resta poiché lega insieme immagini, emozioni e significato.

Il cinema allora diventa un modo per poter fare formazione e un modo per aiutare il cliente nel suo percorso di crescita perché ogni film può essere portatore di messaggi su tematiche specifiche.

Il teatro, infine, resta una sperimentazione totale di se stessi, del proprio ruolo e dello spazio, della propria corporeità, di come ci muoviamo e della nostra velocità rispetto agli altri.

Osservare questo aspetto significa innanzitutto toccare con mano i propri confini e le modalità con cui dialoghiamo e ci poniamo nel mondo; la modalità e la velocità con cui sviluppiamo e portiamo avanti i nostri progetti, a volte seguendo la corrente e a volte ponendoci contro corrente. Come ci sentiamo ad invertire la rotta? Il modo in cui ci presentiamo, i gesti che scegliamo per rappresentarci parlano molto di noi e sono metafore che possono essere utilizzate con il cliente per comprendere meglio la percezione che ha di se stesso.

Tutto questo è stato possibile viverlo e sperimentarlo durante i tre workshop, attraverso gli esercizi guidati dai conduttori che hanno aperto una nuova prospettiva di consapevolezza e nuove modalità di utilizzo della creatività e delle espressioni artistiche per una professione con strumenti sempre più integrati e rivolti alla relazione.

Dott.ssa Cinzia Cerbino
Responsabile Ufficio Stampa Ancore

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