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Il Counselor Online: criticità e opportunità

La situazione politico-sanitaria degli ultimi due anni, con le fasi del lockdown e del lavoro a distanza, ha spostato gran parte delle attività online, comprese quelle che hanno a che fare con crescita personale, lavoro interiore, benessere della persona in senso esteso.

Il web rappresenta un mezzo ormai riconosciuto come fonte di approvvigionamento di qualsiasi bene, materiale o immateriale che sia, per i più. 

È quindi abbastanza normale che, per valutare un qualsiasi tipo di professionista a cui ci si vorrebbe rivolgere, si cerchino informazioni su di lui. Attraverso un profilo ben costruito e curato possiamo farci trovare da chi ha bisogno di noi, ma anche dare l’esempio del nostro tono di voce, del nostro modo di lavorare, dell’ambito in cui preferiamo operare. Tutto questo è rassicurante non solo per chi cerca direttamente in virtuale, ma anche per le persone che conosciamo “live”, perché anche loro andranno a cercare notizie su di noi, molto spesso almeno.

Il web per il counselor

Il web si rivela un’opportunità anche per erogare servizi di counseling a distanza, one-to-one o di gruppo. Esiste infatti  una varietà molto ampia di strumenti digitali che possono aiutare il nostro lavoro e che servono per erogare contenuti, seguire meglio i clienti, costruire percorsi e così via.

Ne cito qualcuno: programmi per videoconferenze, come zoom. Gruppi facebook dove poter condividere materiale video o documenti pdf. Applicazioni come Telegram o Whatsapp per distribuire audio, immagini, suggestioni e anche per seguire un cliente, o un gruppo.

Criticità

Considerando la diffusione che sempre di più la figura professionale del Counselor sta avendo in Italia, appare evidente, per contrasto, che le informazioni online ai primi posti nei motori di ricerca siano piuttosto scarne, fuorvianti e spesso tendenziose.

Riporto quale esempio tratto appunto da un veloce sguardo a google: secondo alcuni siti per fare il counselor si dovrebbe avere una laurea in psicologia o sociologia e poi un master post universitario; il counselor sarebbe colui che dà consigli; il counseling sarebbe proprio solo dello psicologo; per tacere di cifre espresse abbastanza a caso riguardo quanto costi un percorso di counseling, quanto guadagni mensilmente un counselor e così via. Tutto falso o, nella migliore delle ipotesi, parziale, allo stato attuale delle cose.

Il counselor sul web

Per quanto le scuole di formazione e le associazioni di categoria serie abbiano iniziato a fornire informazioni reali su tutta la bellezza e la potenzialità insite in questo strumento della relazione d’aiuto e per quanto ancora sicuramente faranno, anche attraverso la creazione della neonata Unico, a mio avviso il singolo professionista, il counselor, è ancora poco rappresentato e visibile su web.

Credo che questo si ponga come un ostacolo per chi svolge la nostra professione, perché la nostra voce è ancora troppo flebile. Se non siamo noi a portare luce sul nostro lavoro, a raccontare e a raccontarci, chi potrebbe farlo?

Sfatiamo un mito

Noi counselor abbiamo molto a cuore empatia ed ascolto attivo, che sono i principali strumenti del nostro lavoro. Credo che, proprio per questo, a molti la virtualità dia una sensazione di distanza, di freddezza e anche di superficialità.

Certamente, una vita relazionale coltivata solo e sempre via monitor, non è una vita che augureremmo a nessuno e certamente un uso eccessivo di strumenti virtuali dà luogo ad una serie di disagi esistenziali che si esprimono in vari modi.

Questo però è l’aspetto di disagio della situazione, a mio avviso. Avremmo una visione parziale se considerassimo soltanto quello.

Empatia, ascolto attivo e calore umano, quando ci sono, quando si esprimono nella loro autenticità, possono essere trasmessi anche a distanza.

Una community virtuale composta da persone che abbiano lo stesso ambito di interesse su cui lavorare e gli stessi obiettivi possono essere quel supporto tra pari, mediato ovviamente dal counselor professionista, che altrove non troverebbero.

Tutto questo non ha lo scopo di sostituire la “real life”, assolutamente no. Piuttosto quello di arricchirla, di essere palestra, spazio di confronto, possibilità di apertura e di lavoro personale che inevitabilmente avrà i suoi effetti nel quotidiano.

Gap digitale

Un’altra criticità potrebbe essere rappresentata dalla scarsa confidenza di molti counselor con gli strumenti digitali di cui ho accennato precedentemente.

La percezione di freddezza del mezzo potrebbe influenzare anche l’approccio all’uso personale dello stesso, con conseguente paralisi anche solo ad ipotizzare un tentativo di utilizzo.

Così, guardando sempre alla rappresentanza numerica online, il coaching si trova ovunque, mentre il counseling rimane un po’ il fanalino di coda delle relazioni d’aiuto ed è, purtroppo, spesso sconosciuto ai più.

In altri termini moltissimi potenziali clienti non si rivolgono a noi semplicemente perché non sanno che esistiamo, non sanno quale sia il nostro approccio e non sanno che benefici ne potrebbero trarre: non ci trovano.

Conclusioni

Chiunque svolga la nostra professione conosce la sensazione di meraviglia quando il nostro cliente, attraverso la nostra azione di facilitazione, trova i suoi perché, cambia prospettiva, migliora la propria autostima e si permette di sentire le emozioni che prima negava.

Assistere a tali piccole o grandi fioriture è un privilegio che sono sicura che il professionista che legge riconosce e sente nel cuore.

Sarebbe davvero un peccato, dunque, continuare ad ignorare le potenzialità che le tecnologie ci offrono in nome di qualche, forse, pregiudizio o mancanza tecnica.

Sia gli uni sia l’altra sono ostacoli facilmente aggirabili con un po’ di pratica, esperienza e magari studio.

Sforzi che, a mio avviso, saranno ben ripagati sia a livello personale: aumento di visibilità, costruzione della propria autorevolezza in materia, acquisizione nuovi clienti; sia a livello collettivo nel momento in cui le voci dei singoli creeranno quella massa critica corale per portare il counseling al livello che merita.

Barbara Righini
Content writer e content editor, Counselor Relazionale Mediacomunicativo n 272/2014
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Immacolata Bruzzese

Tina Bruzzese

Presidente dell'Associazione Nazionale Counselor Relazionali (ANCORe); già Presidente della Federazione delle Associazioni di Counseling (Federcounseling); componente del Collegio dei Probiviri del Coordinamento Nazionale Pedagogisti ed Educatori (CoNPED); già Presidente del Consiglio Regionale calabrese dell'Associazione Nazionale Pedagogisti (ANPE). Pedagogista, Didatta, Counselor Relazionale Professional Trainer, si occupa di: formazione, crescita personale e organizzazioni. Nel 2018 ha creato il format Counseling &Letteratura.
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